giovedì 10 dicembre 2015

CINA : ma Santa Claus passa anche da qui ?


In questi giorni si parla molto di Cina ed in particolar modo, dello smog e dell' aria irrespirabile di Pechino (www.internazionale.it). Situazione paradossale, direi quasi irreversibile che mi lascia molto perplesso e che certo non contribuisce ad alimentare la mia scarsa voglia di visitare questo immenso paese.


Allo stesso tempo però, in questi giorni pre-natalizi mi è capitato di leggere un articolo di Gianpaolo Visetti su La Repubblica che volevo condividere con voi, e che credo sia molto significativo.

Sapete come lo chiamano il Natale in Cina ? Il FESTIVAL DEL REGALO!


Solitamente in Cina il Natale non si festeggia anche perché li si festeggia il Festival di Primavera, il capodanno lunare tra fine di gennaio ed i primi di febbraio.

Quest'anno però il partito ha deciso di riciclare la festa in patria e sapete perché ? 

Il Natale occidentale per la Cina è diventato ormai da parecchi anni, un affare miliardario a causa della delocalizzazione di Europa e Usa dell'intera coreografia natalizia : abeti in plastica, palle di vetro, luminarie, addobbi, giocattoli e persino i presepi vengono prodotti nella nazione che perseguita i cattolici fedeli al Vaticano.

La "triste" realtà, la catastrofe però è che l' Occidente,

per il suo Natale, può spendere sempre di meno e ciò ha mandato in profonda crisi le numero fabbriche low-cost di Guangdong e Zhejiang che si trovano a dover fare i conti con 
l' per-produzione.

Montagne di prodotti natalizi invenduti sommergono migliaia di aziende e magazzini cinesi o giacciono nelle navi in attesa di commesse "last minute" che non partono più.

E quindi la soluzione con l' ordine perentorio del partito : "Ex compagni, festeggiate !".

Se l' Occidente non compra più il Natale made in China,

tocca ai cinesi stessi riciclarlo in patria, smaltendo le scorte di renne elettroniche, cappucci rossi sintetici, nel nome della crescita nazionale.

Una sorta di via libera ideologico all'occidentalizzazione della vita collettiva che ha sorpreso non poco il cinese medio al punto tale che l'ultima moda è bere vin brulé, divorare salsicce nel gelo tra bancarelle che vendono gadget natalizi al ritmo di Jingle Bells.

Ben 11 milioni di neo-consumatori fedeli al partito hanno preso d'assalto i negozi della capitale stimolati da 15 mila giganteschi abeti elettrici e 170 chilometri di luminarie alimentate dalle super inquinanti centrali a carbone.

In dicembre oltre 13 mila ristoranti cinesi serviranno

pranzi natalizi e cenoni "Western Menu" che costeranno tra i 60 ed i 900 dollari a testa.

Tutto ciò può valere lo "zero virgola" che manca a centrare il 7% di crescita del PIL nazionale e salvare così i bilanci delle banche di Stato.

Ed è così che se il Natale è un prodotto invenduto che la Cina non riesce più ad esportare, bene diventa automaticamente una merce locale da assorbire all'interno. Più di 3000 studentesse si presentano alla selezione per 40 "babbesse natalesse" al centro commerciale Shing Kong Place, per offrire cubetti di ottimo finto panettone cinese.


Nessuno sa il perché ma quest'anno tocca al capitalismo riciclato del Natale occidentale salvare la stabilità del "socialismo cinese".

                                       Buon Natale amici miei
                                                      Marco



Scheda paese: CINA 






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