Come già saprete se leggete il mio blog, sto organizzando per Natale un bellissimo viaggio in BIRMANIA,
(Per chi è interessato, ci sono ancora pochi posti a disposizione ma urge una decisione entro il 30 Novembre 2015 - Ecco il link al programma di viaggio : LINK - CONTATTATEMI AL PIU' PRESTO)
ed oggi mi è capitato di leggere un intervista di Andrea Zambelli, Nicola Grignani e Valeria Testagrossa che hanno diretto il film "IRRAWADDY MON AMOUR", girato in Myanmar ed in concorso nella sezione Italiana Doc al Torino Film Festival.
Come sapete mi piace segnalare film "di nicchia" , fuori dal mercato di massa e che ci aprano al mondo !
Come spesso capita con questi film , probabilmente la programmazione sarà scarsissima, durerà pochissimi giorni e lo proietteranno in sale cinematografiche minori !
Mi raccomando occhi aperti e cercate di scovarlo .....
Buona visione a tutti
Marco
Qui sotto trovate il trailer del film :
Come spesso capita con questi film , probabilmente la programmazione sarà scarsissima, durerà pochissimi giorni e lo proietteranno in sale cinematografiche minori !
Mi raccomando occhi aperti e cercate di scovarlo .....
Buona visione a tutti
Marco
Qui sotto trovate il trailer del film :
Mentre di seguito riporto la recensione di Marco Chiani presa dal sito di MYMOVIES.IT :
"Un'opera che dà spazio ai colori accesi dell'amore, della possibilità di un'altra vita, del coraggio di guardare avanti a testa alta"
"In un piccolo centro rurale della Birmania, sulle rive del
fiume Irrawaddy, un venditore ambulante, Soe Ko, e un muratore, Saing Ko, decidono di sposarsi. Il loro è il primo matrimonio omosessuale celebrato in un luogo in cui la paura della reazione militare a un tale evento è qualcosa di reale. Ma i due non sono soli.
Un attivista politico, uno sciamano, un maestro elementare, un truccatore, alcuni monaci buddisti e altre persone li aiuteranno a coronare un sogno che rappresenta una battaglia importante nella guerra per i diritti civili.
fiume Irrawaddy, un venditore ambulante, Soe Ko, e un muratore, Saing Ko, decidono di sposarsi. Il loro è il primo matrimonio omosessuale celebrato in un luogo in cui la paura della reazione militare a un tale evento è qualcosa di reale. Ma i due non sono soli.
Un attivista politico, uno sciamano, un maestro elementare, un truccatore, alcuni monaci buddisti e altre persone li aiuteranno a coronare un sogno che rappresenta una battaglia importante nella guerra per i diritti civili.
"Il nostro amore è come l'Irrawaddy, è un fiume che non
smetterà mai di scorrere, un fiume che travolgerà tutto" afferma uno dei due futuri sposi. Basta notare che in Birmania l'omosessualità costituisce reato per togliere il rosa da una dichiarazione in grado di suggellare il senso dell'intera operazione.
smetterà mai di scorrere, un fiume che travolgerà tutto" afferma uno dei due futuri sposi. Basta notare che in Birmania l'omosessualità costituisce reato per togliere il rosa da una dichiarazione in grado di suggellare il senso dell'intera operazione.
Prima di ogni cosa, infatti, il matrimonio al centro di Irrawaddy Mon Amour è un atto politico che rappresenta tanto la rivendicazione di un diritto quanto la combattiva affermazione di una comunità LGBT strenuamente attiva in un territorio "al di fuori del mondo": a Kyauk Myaung, villaggio per lo più fatto di capanne di bambù e legno, la transessualità e l'omosessualità sono accettate grazie al coraggio di persone che hanno scelto di essere se stesse, creando, in sintesi, una comunità in cui possano convivere quanti sono stati cacciati dalle proprie famiglie o dai propri luoghi di origine. Nel film di Nicola Grignani, Valeria Testagrossa e Andrea Zambelli non c'è spazio per l'autocommiserazione e per il dolore vissuto dalle vittime di una repressione militare e culturale, ce n'è, invece, per i colori accesi dell'amore, della possibilità di un'altra vita, del coraggio di guardare avanti a testa alta.
Con una macchina da presa che sta appresso ai personaggi, Irrawaddy Mon Amour si concentra sulle loro storie, cerca (e spesso trova) momenti di sospensione poetica, mancando tuttavia quell'incontro con l'approfondimento etno-antropologico di una cornice così distante e sconosciuta. Sebbene il fulcro sia rappresentato dalle lotte per il riconoscimento di un diritto, si vorrebbe sapere sempre di più sulle ritualità mostrate, sulle conseguenze della decisione dei due protagonisti, in definitiva, su un quadro politico-generale che, a conti fatti, sfugge.
Apparentemente aurea, la misura dell'ora di durata, qui, non permette agli autori di approfondire un aspetto che avrebbe aggiunto non poco alla riuscita globale."
Link alla recensione su MYMOVIES.IT