mercoledì 4 novembre 2015

BIRMANIA : Aung San Suu Kyi, l'ultima sfida. Domenica 8 Novembre si vota in MYANMAR.



La BIRMANIA è uno dei paesi più affascinanti che si possano visitare in questo periodo per ragioni storiche, religiose e di estrema attualità. 




Io avrò la fortuna di partire con un gruppo di amici il prossimo 26 di Dicembre per un bellissimo viaggio itinerante che ci porterà alla scoperta di questo meraviglioso paese e del suo affascinante popolo. 

Se sei interessato come me a vivere il momento "storico" che questo paese sta vivendo, CARPE DIEM. 

Leggi qui di seguito il programma completo del viaggio  BIRMANIA_26_DIC_2015 e contattami al più presto ; rimangono ancora pochi posti a disposizione !

Ed a proposito dell' estrema attualità della Birmania, proprio oggi sul quotidiano LA REPUBBLICA ben 2 pagine sono dedicate alle elezioni di domenica prossima. L' articolo di RAIMONDO BULTRINI che qui di seguito riporto, da uno 



spaccato interessantissimo che invito tutti i miei amici viaggiatori (e non) a leggere. 

L' articolo originale lo trovate qui : http://parma.repubblica.it/cronaca/2015/11/04/news/aung_san_suu_k_yi_l_ultima_sfida-126608080/ 

Un grazie speciale a LA REPUBBLICA ed a RAIMONDO BULTRINI per aver dedicato cosi' tanto spazio a questo "lontano" paese....

                                                                   Buona Lettura
                                                                              Marco        

"Domenica la Birmania va alle urne per rinnovare governo e parlamento. Per la Lady e i suoi tanti sostenitori sarà la prima e forse unica occasione per scalzare i suoi carcerieri della ex giunta militare, oggi ancora al potere. "Un sogno" pieno di insidie


RANGOON - Wai Soe ha lasciato il suo villaggio semideserto 100 km a sud di Mandalay per cercare fortuna nella ex capitale birmana Rangoon. Quando è cominciata la campagna elettorale per il voto che l'8 novembre rinnoverà il Parlamento e il governo del paese, è stato tra i primi a issare sul suo risciò la bandierina rossa della Lega nazionale per la democrazia col pavone combattente e una stella bianca, oltre a incollare un manifesto di Aung San Suu Kyi (wikipedia) dietro al sedile dei passeggeri. È una immagine presa nel 2010 dopo la sua liberazione, ben prima di questa fatale sfida democratica ai suoi ex carcerieri. A 70 anni compiuti, questo voto è la sua prima e forse ultima vera chance di potere, anche se dovrà aspettare il prossimo marzo per scoprire se la maggioranza dei voti si tradurrà in un numero di deputati sufficienti a coronare il suo sogno che è anche quello di molti birmani e dell'Occidente che la sostiene.

L'obiettivo dichiarato non è quello di diventare subito il prossimo presidente, visto
che una norma della Costituzione ancora glielo impedisce in quanto moglie e madre di "stranieri", ma di mettere sul piatto della bilancia il peso del sostegno popolare ottenuto l'8 novembre per nominare i ministri saltando le trappole elettorali e costituzionali degli ex generali. Il suo manuale Cencelli è reso complesso dalla miriade di potenziali alleati tra le altre opposizioni, tra i filo governativi che potrebbero passare dalla sua parte come l'attuale presidente della Camera Shwe Mann, e soprattutto tra i rappresentanti dei gruppi etnici con lingue, tradizioni e problemi diversi da risolvere. Saranno loro l'ago della bilancia di ogni prossima coalizione e vengono anche da Stati dell'Unione brimana in guerra come il Kachin e sotto coprifuoco per motivi religiosi come l'Arakan. Fatti tutti i conti, per ogni riforma importante la Lady avrà bisogno del voto di 3 quarti delle Camere, più quello di almeno uno dei deputati che siederà sul 25 per cento fisso di poltrone riservate dalla Costituzione all'esercito.

Ma nei comizi di strada e nei commenti sui social network, per la prima volta massicciamente usati in campagna elettorale, non si parla d'altro che della sua promessa di guidare il prossimo governo dietro le quinte anche se non potrà farlo  -  almeno all'inizio - in prima persona. "Perché no?", aveva risposto con un sorriso malizioso a un giornalista indiano che le chiedeva se fosse possibile in Birmania una sorta di modello alla Sonia Gandhi. "Bisogna essere per forza presidente per governare un paese?". Venerata ovunque come "Madre Suu", sa che l'eventuale plebiscito per la Lega nasce dal suo carisma più che dal generico manifesto- programma di un partito zeppo di quadri entusiasti ma senza alcuna esperienza di governo e di amministrazione. Per questo viaggia personalmente in lungo e largo soppesando le sue energie da qui all'ultimo giorno di campagna, sempre accompagnata dalla sua principale assistente Tin Mar Aung che è anche medico. Per riscaldare il pubblico degli affollati comizi tenuti nella sua circoscrizione di Kawmhu a sud di Rangoon, sul confine thai o nell'Arakan - dove la sospettano di volere la pace con gli odiati musulmani Rohingya - i migliori rapper birmani hanno composto un'energetica ballata che dice: "Teniamoci per mano e sosteniamo la leader del popolo, affinché la nostra madre possa favorire la pace".

Ma anche i sostenitori del partito di governo, l'Unione per la solidarietà e lo sviluppo
o Usdp, (che ha ai vertici il 79 per cento di ex soldati) reclamano la paternità del clima di riconciliazione nato dalla politica di aperture politiche ed economiche dovute  -  dicono - a un regime lungimirante, capace di gestire il nuovo che avanza salvaguardando l'ordine e la disciplina del passato. Per loro ogni palazzo, ogni fabbrica e sopraelevata in più sembra portare con sé il messaggio dei tempi che cambiano senza rivoluzioni: con la democrazia arriverà anche il benessere.

Ma nonostante l'apertura di una Borsa valori, la promessa di far acquistare azioni anche a partner stranieri e le previsioni di una crescita oltre l'8 per cento del Pil, il regime non può cancellare d'un colpo le circostanze che hanno costretto 4 milioni di abitanti all'esilio per mancanza di lavoro e prospettive nei villaggi atavicamente poveri o in guerra. "Il mio fratello maggiore  -  racconta Wai - naviga da tre anni su una barca mercantile a sud della Thailandia, quello più piccolo 13enne serve in una sala da tè del centro di Rangoon". Wai è talmente in fibrillazione che ha preso un giorno di riposo per andare ad ascoltare con un pullman organizzato il comizio della sua candidata e leader a Kawmhu, dove Suu Kyi vinse a mani basse le elezioni parziali del 2012. È una circoscrizione simbolo dello scontro in corso, da diverse parti sono giunti cospicui "doni" pre-elettorali per sostenere lo sforzo della Lady, come i 4 milioni di dollari dati da Ong straniere alla Fondazione intestata a sua madre Daw Khin Kyi. "Nel villaggio  -  ha rivelato alla folla giunta ad ascoltarla - le uniche strade buone non sono arrivate per merito del governo, ma doo che io ho chiesto aiuti internazionali".

Con i soldi stranieri la Lady fa anche costruire scuole, cliniche, impianti elettrici e perfino un istituto professionale alberghiero "per dare ai vostri figli un mestiere che li aiuterà nella vita". Ma lo scambio "voto-favore" è ancora più diretto sul fronte dei candidati già al potere. Soe Thein, ministro e braccio destro economico dell'attuale presidente Thein Sein, promette progetti per mi- gliaia di dollari, distribuisce antenne paraboliche, sponsorizza squadre locali di calcio.

Più del piccolo clientelismo sono però i rischi di manipolazioni elettorali a creare una
seria ipoteca per il futuro della democrazia birmana. Wai spiega che il suo nome, come quello dei familiari emigrati, non si trova nella lista dei 38 milioni di aventi diritto. Lo stesso accade al milione e mezzo di sfollati delle zone colpite dalle recenti alluvioni, al milione di musulmani Rohingya dell'Arakan privati della carta d'identità, alle popolazioni delle aree di conflitto, con 400 città e villaggi del tutto esclusi dal voto. Ko Aung, un attivista dei diritti umani, è convinto che il fenomeno delle liste incomplete, "favorirà notevolmente il vecchio regime, nonostante la presenza di 2.000 osservatori internazionali spesso senza alcuna esperienza".

È in questa incertezza che la Birmania si prepara al grande evento sull'onda di un fermento anti-militare sempre più coraggioso e plateale, come dimostra il recente "movimento dei nastri colorati", indossati negli uffici pubblici dai dipendenti contrari alla presenza delle uniformi nei ranghi civili. Giallo contro i soldati ai vertici della Sanità e della Corte Suprema, verde per demilitarizzare il ministero dell'istruzione, blu e rosso per quello dell'energia. Infine il viola adottato da poeti e intellettuali in solidarietà con gli altri. "Saremo anche dei romantici idealisti  -  spiega l'ex attrice e attivista Grace Swe Zin Htaik  -  ma crediamo che i soldati debbano limitarsi a difendere il paese, non a governarlo per l'eternità".





























SCHEDA PAESE : Birmania (wikipedia)

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